Lutto nel mondo dell’arte: è morto il maestro Gabriele Marino

Il mondo dell'arte è in lutto per la scomparsa del maestro Gabriele Marino. Aveva 85 anni. Originario di Succivo, cresciuto a Napoli, casertano di adozione. Viveva a San Prisco. E' stato annoverato dalla rivista “Flash Art” tra i cento migliori artisti degli ultimi quarant’anni in Italia.

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Gabriele Marino è stato ertamente una figura chiave della storia artistica contemporanea generatasi in Campania. Va ricordato che fece da tramite e ponte di congiunzione tra i movimenti sperimentali napoletani degli anni Sessanta e i primi tentativi innovativi in Terra di Lavoro. La produzione di Gabriele Marino, pur essendo stata sempre in linea con la ricerca artistica internazionale, non ha mai tradito le origini. Negli anni ’60 si lascia influenzare dalla pop art americana con la sua arte che si è trasformata in impegno nei decenni a venire. Fu esponente di spicco dei movimenti sperimentali sorti con l’impulso dell’impegno culturale e politico che aprì una stagione di rivolta — in senso camusiano — anche in Campania a metà degni anni ‘60 del secolo scorso. Col trascorrere del tempo ha elaborato un linguaggio sempre più raffinato, evocativo. Una produzione citazionista, che si connota per una ripresa ironica e spregiudicata di capolavori della storia dell’arte. L’artista riesce a stabilire un rapporto fecondo con la citazione o l’oggetto manipolato, esaltando la funzione del cambiamento di registro e la consapevole contraddizione tra la serietà del modello e l’ironia della sua elaborazione.

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Biografia. Era nato ad Atella di Napoli, oggi Succivo, vicino ad Aversa che all’epoca si chiamava Atella di Napoli, ha sempre lavorato a Napoli, cogliendo le stimolanti e rivoluzionarie proposte artistiche che si imponevano con il boom economico e finendo per connetterle ai fermenti di innovazione che si affacciavano, in quegli anni, anche in Terra di Lavoro. Esercitò pertanto un ruolo fondamentale, assieme al fratello Livio detto l’Atellano, nella corale opera di ridefinizione del linguaggio artistico — che coinvolse pittori di eccellente caratura come Crescenzo Del Vecchio, Andrea Sparaco, Antonio De Core, Peppe Ferraro, solo per citarne alcuni — esplorando attraverso il registro espressivo dell’ironia e della provocazione il mondo della tradizione e quello misterioso, tutto da costruire, ma libero di volare sulle ali della immaginazione. Fu una stagione irripetibile, quella degli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso (basti citare l’esperienza del collettivo Linea Continua)nel quale Gabriele Marino e gli altri suoi compagni di ventura trovarono fertili opportunità di affermazione, con espressioni artistiche emergenti, ma con le radici ben piantate nelle tematiche sociali più scottanti. Basta ricordare le varie iniziative a carattere culturale, politico e sociale che lo videro protagonista nelle Feste dell’Unità nella Flora; come quelle di solidarietà dedicate ai popoli e ai movimenti di emancipazione liberazione del terzo mondo e del sud America, sempre affiancato da altri protagonisti di quel “rinascimento artistico” casertano, come il suo carissimo amico Andrea Sparaco. Gabriele ha dedicato molti anni della sua vita al mondo dell’arte e della pittura. Dalla metà degli anni sessanta che il maestro, classe 1937, atellano di nascita, napoletano di formazione e casertano di adozione, è partecipe e protagonista dei movimenti innovativi nel campo dei linguaggi visivi, con vasta eco a livello nazionale. E’ stato una figura chiave della storia artistica contemporanea generatasi in Campania. Facendo da ponte di congiunzione tra i movimenti sperimentali napoletani degli anni Sessanta e i primi tentativi innovativi in Terra di Lavoro, insieme con il suo grande amico e collega Crescenzo Del Vecchio. A Caserta i due trovarono in figure come Andrea Sparaco e Antonio de Core i compagni di strada ideali per dare inizio a una vera e propria rivoluzione dei linguaggi visivi in Terra di Lavoro. Tale cambiamento radicale ebbe inizio nella seconda metà degli anni Sessanta e durò per tutti i Settanta portando Caserta, in sinergia con Napoli, ai massimi livelli nazionali, grazie anche al contributo di un critico come Enrico Crispolti, scomparso proprio nei giorni scorsi, che tanto seppe valorizzare l’arte nel sociale.

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La produzione di Gabriele Marino, pur essendo stata sempre in linea con la ricerca artistica internazionale, non ha mai tradito le origini. Essere atellano per l’artista ha avuto sempre il significato di non dimenticare mai una verve ironica e irriverente, di costruire incessantemente un sapiente gioco nella composizione delle immagini così come nell’articolazione della scrittura. E spesso icone e parole si sono contrapposte e specchiate nelle sue opere. È stata poi la formazione napoletana in un’epoca di grandi tensioni sociali e culturali a determinare un percorso creativo che si potrebbe definire come «pop partenopeo», una pop art che non si limita alla celebrazione acritica del consumismo ma ha un’energia dissacratoria, una vis polemica capace di contrapporsi alla sottocultura egemonica. Il passaggio dagli anni Sessanta ai Settanta è contraddistinto dal cosiddetto «impegno sociale», un’arte che non è mai fine a se stessa. In tanti decenni Gabriele Marino ha saputo sublimare il suo impeto rivoluzionario, elaborando un linguaggio sempre più raffinato, evocativo, comunque intriso di malinconica ironia, di «polvere di stelle» con una pittura che si guarda dentro e continua a interrogarsi sulla sua funzione.
Pasquale Iorio
Le Piazze del Sapere Caserta

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