LUCIDA REALTA’- Racconto a cura di Gerardina Rainone – prima parte

LUCIDA REALTA’
Parte prima
Una strana giornata quella che si profilava all'orizzonte di prima mattina quel giorno.

Clicca sull'immagine e visita la pagina Facebook prepara con noi il tuo concorso...il metodo Tramontano c'è

Clicca sull'immagine e visita la pagina Facebook prepara con noi il tuo concorso...il metodo Tramontano c'è

Nel mettere il piede nella ciabatta ho sentito l’umido di qualcosa. Accidenti al gatto. Chopin aveva pensato bene di vomitare proprio lì. Ma in fondo non era del tutto colpa sua, inutile il rimprovero. Era uno di quei gatti randagi salvati dalla strada Chopin, ma non dimostrava affatto la sua gratitudine così. Nulla di grave comunque, un bel caffè nero bollente mi avrebbe fatto dimenticare l’accaduto. Passando dalla camera da letto alla cucina, dopo aver pulito e cambiato ciabatte, mi fermo a metà del corridoio della mia casa. Non mi ero accorta di nulla nell’immediato, ma il mio cervello aveva registrato subito la stranezza. Dal soffitto pendeva una parte di lampadario. Eppure l’operaio l’aveva montato da una settimana sotto l’attenta visione di mia madre. Mio fratello, con il quale dividevo l’appartamento era all’università. Torno indietro e con una sedia cerco di rimettere a posto inutilmente l’aggancio sfilato. ”Ho bisogno della scala. Tutto a me tocca fare in questa casa,” penso, mentre mi chiedo perché succede sempre quando manca il fratellone. Tutto sommato me la sono cavata e il lampadario é a posto. Passando davanti allo specchio mi chiedo se è tutto regolare, mi scruto, mi osservo, non vedo nessuna anomalia. Eppure il mio sesto senso si mette in vibrazione lenta e remota, ma pur sempre presente. Ho preparato il meritato caffè e ho addentato un biscotto, ma qualcosa mi diceva che avevo bisogno di nutrirmi di più. Mi spalmai burro e marmellata sulla fetta biscottata e un po’ tranquillizzata mi vestii di fretta per raggiungere la mia amica. L’appuntamento era di lì a poco al bar in piazza. Infilai gli stivali ma a momenti cascavo perché il tacco cedendo all’improvviso mi fece piegare di lato. Non indagai più di tanto, avendo fretta, e cambiato scarpe mi truccai alla meno peggio; una linea di matita sotto e l’eyiliner sopra le ciglia come sempre ma feci i conti senza l’oste.

…continua la lettura 👇

La mano non era troppo ferma,il liquido nero entrò nell’occhio che divenne un po’ rosso. A quel punto mi chiama Patty sul cellulare, al solito innervosita dal mio atavico ritardo e mi apostrofa in maniera poco gentile: ”Marzia, al bar mi dicono che non accettano imbranate ritardatarie e anche ritardate. Che faccio,ti aspetto in un altro bar e magari in un altro giorno? ”Era proprio arrabbiata stavolta. Ho cercato di parlare ma mi é uscita una nevrotica risata. “Arrivoooo”, ho solo detto. Mi precipito sul pianerottolo per chiamare l’ascensore ma quel gatto malefico scappa per le scale. Accidenti alla sua voglia di fuga.”Maschi!”,penso,e mi butto all’inseguimento. Mentre scendevo veloce per acciuffare Chopin inciampo nel tappetino del vicino nuovo, terzo piano, mai visto. Pensavo già alla mia faccia spiaccicata contro la porta con conseguente trauma facciale e successivo funerale di Chopin, quando la porta si apre e il mio cervello registra in un nano secondo che sto per investire uno sconosciuto. E che sconosciuto. Alto, prestante e forte mi sorregge senza grosso sforzo, sorridendomi perfino. Non faccio in tempo a presentarmi che Chopin passa in mezzo alle nostre gambe infilandosi in quella casa.

Fine prima parte

Racconto a cura di Gerardina Rainone

Immagine di copertina   realizzata da Virginia Cioffi

Racconto soggetto a copyright

Related Posts

Lascia un commento