Il capolavoro di Giuseppe Vozza “La Storia di Casolla” recensito dall’amico Ernesto Funaro

"Giuseppe Vozza possiede la rarissima dote di dare corpo ai suoi sogni " cosi l'amico Ernesto Funaro inizia il viaggio nella vera essenza dell'opera.

Un viaggio che inizia nei nostri caseifici...e finisce sulle vostre tavole

Basterebbe già questo per collocarlo nell’olimpo delle persone speciali. Chiunque ha il privilegio di conoscerlo, sia pure per poco (e non è il caso di chi scrive, che lo frequenta da quasi quattro decenni), resta semplicemente colpito dalla sua, oserei dire, titanica determinazione nel perseguire quanto si è prefisso di conseguire (la storia della sua città, per esempio), senza tentennamenti e senza risparmiare nulla, a sé stesso e agli altri; da questa ostinata ricerca della verità, e non da altro, proviene quel tanto di bronzea, tacitiana asprezza rinvenibile nella sua scrittura, costantemente percorsa e innervata da un forte, indomabile e battagliero sentire, che, direi, costituisce la cifra fondamentale che lo contraddistingue.
Non si creda, con questo, che la passione storica vada a discapito dell’acribia documentaria, della robustezza delle analisi, dell’amore per i particolari, che si tratti di un’iscrizione lapidaria, o di una chiesetta abbandonata, o di un atto notarile debitamente trascritto e minuziosamente interpretato, senza sottrarsi al confronto, sempre appassionato, con interpretazioni divergenti dalla sua. Sì, perché è la passione dello storico derivante dall’attaccamento alla propria terra, dalla volontà assoluta di preservare quello che gli scempi del contemporaneo cupio dissolvi ha voluto preservarci, la molla caratterizzante l’attività storiografica di Vozza, praticamente da sempre, e di cui questa Storia di Casolla è il frutto più cospicuo, la sintesi più bella e più riccamente documentata, dando, con ciò, un’ulteriore spallata all’ormai improponibile dicotomia tra Storia generale (o grande Storia) e Storia locale, con evidente minimizzazione di quest’ultima ad un rango inferiore, dimenticando che chi vola troppo alto, come la colomba kantiana, rischia di offuscare la visione del particolare, rischio al quale sfugge, invece, lo studioso di storia locale che, per parte sua, non può non avere la competenza necessaria nel padroneggiare le direttrici fondamentali delle vicende storiche nelle quali, quelle piccole, trovano la loro giusta collocazione.

Sull’importanza della storia locale, invece, Mario del Treppo, medievista di fama internazionale, così avverte: essa “è la più adatta a coinvolgere e sollecitare l’interessamento dei giovani, con la varietà degli oggetti che propone alla loro osservazione e la possibilità di interventi operativi e manuali: essa costituisce uno spazio fondamentale di esperienza per ogni ulteriore forma di comprensione storica” (in La libertà della memoria. Scritti di storiografia, Viella ed., Roma, 2006, pag. 89).
Sensibile alla lezione delle Annales, di Bloch, di Febvre, di Braudel, Vozza ci ha voluto regalare tutto quanto era possibile regalarci su questa splendida borgata casertana; un tutto, come dicevamo, sempre sostenuto dall’afflato di una personalità prepotente che non si limita all’archeologia della fredda storia monumentale (la Storia non è tutta contemporanea, come diceva don Benedetto?) o alla constatazione delle cose che non vanno, ma che intelligentemente e realisticamente propone per il futuro, sempre nell’ottica dell’umana, simpatetica prossimità a cose e vicende di cui si sente integralmente parte e che costituiscono ossatura integrante, carne, sangue, terra, del suo essere uomo calato nel proprio tempo, forte e sicuro di un passato di cui orgogliosamente rivendica l’appartenenza e che, con la sua passione di storico, intende trasmettere alle nuove generazioni, in una continuità ideale che deve essere assolutamente raccolta affinché quanto di meglio i nostri avi (noi, un po’ meno) hanno costruito, non vada assolutamente disperso.
Ernesto Funaro

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