Ravvedimento operoso: cos’è e come si calcola – L’esperto fiscale risponde

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Errori ed omissioni sul pagamento di tributi: come sistemarli beneficiando di una sanzione ridotta ed evitando conseguenze penali.
Anche il Fisco è convinto del fatto che il contribuente è un essere umano e che, in tale veste, può sbagliare qualche volta. Utilizzando il ravvedimento operoso, ovvero lo strumento che l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione di chi non ha versato un tributo nel modo giusto oppure non l’ha fatto per niente.

Ma il ravvedimento operoso, cos’è e come si calcola? Si pagano anche gli interessi? Ed entro quanto si possono sistemare i conti con il Fisco usando questo strumento?
Ravvedimento operoso: cos’è?
L’abbiamo accennato poco fa: il ravvedimento operoso è la formula grazie alla quale un contribuente può saldare un debito contratto con il Fisco per un tributo non pagato o versato in modo sbagliato. In altre parole, si tratta di una possibilità per sanare omissioni, ritardi o errori nei confronti dell’Agenzia delle Entrate.
Il contribuente dovrà versare quanto dovuto più una sanzione ridotta e gli interessi calcolati sulla base dell’importo non versato al tasso legale in vigore in quel momento.
Ravvedimento operoso: come si calcola?
Tre sono gli elementi da tenere in considerazione per sapere come si calcola il ravvedimento operoso. Il primo, l’imposta da versare. Il secondo, gli interessi al tasso legale in vigore. Questi sono i due fattori variabili, poiché l’importo complessivo dipenderà dall’ammontare delle tasse non pagate e dall’interesse vigente al momento del versamento.
Il terzo elemento, vale a dire quello che è possibile prevedere poiché stabilito da una tabella analitica che tiene conto dei giorni di ritardo con cui il contribuente corregge il suo errore. Questo terzo elemento, che si aggiunge agli altri due, è la sanzione ridotta applicata.
Ecco, dunque, il calcolo delle sanzioni per ogni giorno di ritardo:
entro 14 giorni dalla scadenza: 1/10 dell’1%, ovvero lo 0,1%;
dal 15° al 30° giorno: 1/10 del 15%, ovvero l’1,5%;
dal 31° al 90° giorno: 1/9 del 15%, ovvero l’1,67%;
dal 90° giorno al termine di presentazione della dichiarazione dei redditi dell’anno in cui è stata commessa la violazione: 1/8 del 30%, ovvero il 3,75%;
entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi dell’anno successivo a quello in cui è stata commessa la violazione: 1/7 del 30%, ovvero il 4,29%;
oltre il termine di presentazione della dichiarazione dell’anno successivo oppure oltre due anni dall’omissione o dall’errore: 1/6 del 30%, ovvero il 5%;
dopo la constatazione della violazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, tranne nei casi che riguardano la mancata emissione di ricevute e scontrini fiscali o documenti di trasporto o mancata installazione di apparecchi per l’emissione dello scontrino: 1/5 del 30%, ovvero il 6%.

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Ravvedimento operoso: come si paga?
È possibile correggere l’errore nel versamento delle imposte o pagare i tributi non versati con il ravvedimento operoso utilizzando:
per imposte sui redditi e relative imposte sostitutive, Iva, Irap e imposta sugli intrattenimenti: modello F24;
per imposta di registro ed altri tributi indiretti: modello F23;
per tributi, sanzioni e interessi, connessi alla registrazione dei contratti di locazione e affitto di beni immobili: modello F24 Elide;
per imposta ipotecaria, tasse ipotecarie, imposta di bollo e sanzioni, in relazione ai servizi di aggiornamento dei registri immobiliari e al rilascio di certificati e copie: modello F24 Elide.

Ravvedimento operoso: altre agevolazioni
Il ricorso al ravvedimento operoso non solo dà la possibilità di correggere degli errori o delle omissioni sul pagamento dei tributi con una sanzione ridotta ma cancella anche le possibili sanzioni penali per eventuali reati commessi.
In pratica, l’omesso versamento di ritenute dovute o certificate, omesso versamento di Iva e indebita compensazione non sono punibili se i debiti (con interessi e sanzioni) vengono estinti prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. Nel caso in cui, in quel momento, il debito fosse in pagamento, il giudice può prorogare il termine di altri tre mesi.
Non sono punibili nemmeno i reati di dichiarazione infedele e di omessa dichiarazione se i debiti (sempre con interessi e sanzioni) vengono estinti entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, purché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che il contribuente abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

E.N.

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