L’abbazia di Pomposa di Codigoro – Arte e Cultura

Il silenzio abbaziale, la storia, l'arte, la cultura....questo si assapora ogni volta che andiamo in un luogo sacro ed oggi vi parlerò dell'abbazia di Pomposa, XI sec., antico luogo sacro di sosta sulla via Roma, a Codigoro, nel Ferrarese.

Clicca sull'immagine e visita la pagina Facebook del Metodo Tramontano preparazione concorsi

Atttualmente questo scrigno artistico è tutelato dal 2014 dal Ministero per i beni e le attività culturali, per mezzo del Polo Museale/Direzione regionale dei Musei dal 2019. Andiamo con ordine. Il primo elemento che dobbiamo immaginarci è che nell’alto medioevo tutto il territorio dove sorse l’abbazia era detto “insula Pomposiana” ossia un lembo di terra incorniciato dalle acque. Da un frammento epistolare di Papa Giovanni VIII del’874 inviato all’imperatore Ludovico II sappiamo della sua prima esistenza. Passata nel 981 sotto l’amministrazione del monastero di San Salvatore, solo nel 1026 abbiamo la consacrazione dell’attuale abbazia da parte dell’abate Guido.
Ad un periodo di grande floridezza economica, con terreni, la salina di Comacchio, donazioni e proprietà varie, seguì un lento declino a causa di due fattori: l’impaludamento, causa antropicain quanto fu deviato l’alveo del Po, rendendo impraticabili i terreni e gli scambi e la malaria, che si diffuse velocemente uccidendo molti benedettini.La grave situazione morfologica del territorio spinse molti monaci ad abbandonare il luogo, fino a che nel 1653 papa Innocenzo X soppresse il monastero, acquisito a fine ‘800 dallo Stato Italiano e di nuovo in mani curiali.

Clicca sull'immagina scoprirai tante novità vista/sole 2023

A livello architettonico abbiamo la parte più antica risalente al VII-IX secolo, mentre nell’XI secolo vengono aggiunte due campate, due atrii, di cui uno con varie decorazioni faunistiche simboliche. A livello ornamentale da segnalere l’albero della vita ma gli influssi sono multiculturali, specialmente persiani, siriaci e carolingi: ai primi rimandano i grifoni alati che si cibano dei frutti dell’albero della vita, siriaca gli ornamenti nastriformi, carolingio il nartece. Fu il magister Mazulo a cambiarne l’assetto, inserndovi un nartece con tre grandi arcate. L’interno, a tre navate, con materiale romano-bizantine come le colonne, il pavimento marmoreo in opus sectile, databile fra il VI al XII secolo, con l’aggiunta di mostri ed elementi geometrici e florealo spesso simbolici ( il leone la resurrezione di Cristo, il drago il male, il cervo Cristo, gli uccelli con ali a riposo la condizione umana). Le pareti, invece, sono affrescati dalla scuola bolognese del ‘300 vi è rappresenta la parola della Bibbia.
A livello culturale fu un importante centro amanuense e musicale, grazie al monaco Guido d’Arezzo, che fu il padre delle nostre note musicali, alla presenza del maestro Pier Damiani.
Ancora oggi viene venerato san Guido con la presenza di una tibia del santo nella navata sinistra nel 2000, dopo la gentile concessione della chiesa di San Giovanni a Spira in Germania, dove il santo è sepolto, in quanto ivi fu seppellito per volere imperiale.
Il campanile, databile al 1063, romanico-lombardo, fu progettato ed edificato da Deusdedit ed ha diverse bifore, trifore e quadrifore.

A cura di Giuseppe Papale

Articolo soggetto a copyright. Riproduzione riservata

Related Posts

Lascia un commento