Intrasmissibilità delle sanzioni tributarie agli eredi – L’esperto fiscale risponde

Le sanzioni tributarie riferibili a una persona fisica si estinguono con la morte dell'autore della violazione e gli eredi sono liberati dal pagamento
Il credito erariale nascente da una violazione delle leggi tributarie riferibile a persona fisica si estingue con la morte dell'autore della violazione, di conseguenza, una volta che risulti documentato il decesso del destinatario delle sanzioni, cessa la materia del contendere, nulla è dovuto per le spese, e non opera il meccanismo del raddoppio del contributo unificato.

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Lo ha confermato la Cassazione Civile, sez. V ordinanza 5 settembre 2022, n. 26015.
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate notifica un provvedimento di sgravio dei tributi iscritti a ruolo, emesso in relazione a IRPEF, IRAP ed IVA per l’anno 2002, con il quale annulla i carichi corrispondenti a tributi e addizionali, mantenendo parzialmente quelli relativi alle sanzioni dovute per omessa presentazione della dichiarazione annuale. Impugnato il predetto atto dal contribuente in relazione all’importo delle sanzioni che, per il 2002, sarebbero dovute essere calcolate nella misura minima, la C.T.P. di Brindisi rigetta il ricorso con sentenze n. 158/2/11, n. 159/2/11, n. 160/2/11, n. 161/2/11, che, impugnate dal medesimo contribuente, vengono confermate dalla C.T.R. per la Puglia, riunendo gli appelli, con sentenza n. 252/23/13, depositata il 10/10/2013. Contro la predetta sentenza il contribuente propone ricorso per cassazione. L’Agenzia delle Entrate presenta controricorso.
Con memoria inviata il 21 febbraio 2022, gli eredi comunicano l’avvenuto decesso del ricorrente, e, costituendosi in giudizio in qualità di eredi, chiedono la cessazione della materia del contendere in ragione della intrasmissibilità agli eredi delle sanzioni amministrative, ai sensi del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 , art. 8 , in subordine, il rinvio a nuovo ruolo della trattazione del ricorso, in modo tale da consentire loro di dimostrare l’avvenuta rottamazione, da parte del loro dante causa, dei carichi iscritti a ruolo, e, in via ancora più gradata, l’accoglimento del ricorso con ogni consequenziale pronuncia anche in ordine alle spese.
Ragione della decisione 👇

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Ragione della decisione
La suprema corte “dichiara cessata la materia del contendere” sulla base dell’assunto che in caso di decesso del contribuente, trova, infatti, applicazione il disposto di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 8 , che, nel prevedere l’intrasmissibilità agli eredi dell’obbligazione di pagamento della sanzione, detta un principio di ordine generale in quanto corollario del principio della responsabilità personale specificamente codificato nel precedente art. 2, avendo il legislatore stabilito in modo chiaro e netto che il credito erariale nascente da una violazione delle leggi tributarie riferibile a persona fisica si estingue con la morte dell’autore della violazione[1] sicchè, una volta che sia documentato il decesso del destinatario delle sanzioni, come nella specie, cessa la materia del contendere[2].
Inoltre, la Corte sostiene che nulla deve disporsi sulle spese, atteso che, con riguardo alle sanzioni amministrative[3], ma con principio applicabile anche alle sanzioni tributarie, il sopravvenire della morte della persona destinataria della contestazione, impedisce di procedere nel vaglio dei motivi di doglianza, i quali, pertanto, restano inesplorati, di talchè non vi è luogo a regolare le spese e, pertanto, non può trovare applicazione il principio della soccombenza virtuale.

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Peraltro, deve altresì trovare applicazione il principio secondo cui il meccanismo sanzionatorio del raddoppio del contributo unificato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002 , art. 13 , comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012 , art. 1 , comma 17, è applicabile solo laddove il procedimento per cassazione si concluda con integrale conferma della statuizione impugnata, ovvero con la “ordinaria” dichiarazione di inammissibilità del ricorso, non anche nell’ipotesi di declaratoria di inammissibilità sopravvenuta di quest’ultimo per cessazione della materia del contendere, determinando essa la caducazione di tutte le pronunce emanate nei precedenti gradi di giudizio e non passate in cosa giudicata, essendo a tali fini irrilevante la successiva valutazione della virtuale fondatezza, o meno, del ricorso in quanto avente esclusivo rilievo in merito alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità[4].

Riferimenti:
[1] Cass., Sez. 5, 22/5/2003, n. 8097 ; Cass., Sez. 5, 27/9/2005, n. 18862 ; Cass., Sez. 5, 3/10/2006, n. 21326.
[2] Cass., Sez. 5, 15/10/2018, n. 25644.
[3] Cass., Sez. 2, 22/10/2021, n. 29577.
[4] Cass., Sez. 3, 10/2/2017, n. 3542; Cass., Sez. 3, 20/07/2021, n. 20697.

E.N.

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