Caserta – I CARABINIERI IN AFGHANISTAN, UN SAGGIO DEL GENERALE CARMELO BURGIO

I CARABINIERI IN AFGHANISTAN, UN SAGGIO DEL GENERALE CARMELO BURGIO
Presentato a Caserta, presso la Camera di Commercio, il saggio del generale Carmelo Burgio dedicato all’esperienza vissuta in Afghanistan in qualità di comandante del Combined Training Assistance Group Police (CTAP-P).

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L’evento è stato organizzato dal gruppo casertano degli ex allievi della scuola militare Nunziatella, rappresentato dal dottor Domenico Fasulo, apprezzato ginecologo in quel di Santa Maria Capua Vetere. Gli onori di casa sono stati assolti dal dottor Tommaso de Simone, presidente della Camera di Commercio. L’avvocato Camillo Irace ha svolto il ruolo di moderatore.
Nutrita la presenza delle autorità civili e militari. Per il sindaco di Caserta, avvocato Carlo Marino, è intervenuto il dottor Vincenzo Battarra, assessore alla cultura. Il generale Mario Ciorra, comandante della Brigata bersaglieri “Garibaldi”, era rappresentato dal colonnello Massimo Scotti e dal colonnello Andrea Cubeddu, rispettivamente Capo di stato maggiore della Brigata e comandante del 21° Reggimento Genio guastatori. Per l’Unione nazionale ufficiali in congedo d’Italia (U.N.U.C.I.) era presente il generale Ippolito Gassirà, presidente regionale e responsabile della sezione di Caserta. L’Associazione nazionale bersaglieri era rappresentata dal vice presidente provinciale Lino Lavorgna e per l’Associazione nazionale combattenti e reduci era presente il segretario provinciale Salvatore Serino.

Il 27 agosto 2021, con il ritiro del contingente internazionale, si concludeva il ventennale impegno italiano in Afghanistan. La debole resistenza delle forze governative afgane, ancorché perfettamente addestrate dai militari occidentali, e il conseguente ritorno al potere dei talebani, hanno posto seri interrogativi sui risultati conseguiti con la missione ISAF (International Security Assistance Force, ossia la missione NATO che dal 2001 al 2014 supportò il governo afgano nella lotta contro i talebani dopo il rovesciamento dell’Emirato islamico, cui fece seguito, a partire dal 2015, l’operazione “Sostegno Risoluto”, denominazione che suona come una ridicola beffa viste le tragiche conclusioni e le terribili conseguenze).

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L’autore ha parlato della sua esperienza personale in un territorio martoriato dai continui attentati e dalle bande armate capeggiate dai signori della guerra, spiegando come il contrasto si sia reso possibile solo associando alle capacità tipiche delle forze di polizia le più moderne tecniche di Counter Insurgency e di addestramento militare. I carabinieri, in particolare, si distinsero per l’eccelsa capacità operativa che consentì loro di sgominare le cellule terroristiche infiltrate nelle Forze armate afgane. Il generale Burgio, che aveva alle proprie dipendenze una composita forza comprensiva di elementi provenienti da molti Paesi europei e dagli Stati Uniti, non esitò nel rimuovere alte sfere afgane da importanti ruoli di potere quando si rese conto del loro “doppiogiochismo”.
Nell’articolata esposizione non sono mancate dure e fredde riflessioni di carattere analitico che, mentre da un lato assolvevano l’intervento in Afghanistan, «perché non si poteva fare altrimenti alla luce dei fatti contingenti che lo avevano determinato», dall’altro ne evidenziavano l’assoluta inefficacia. I presupposti culturali del mondo occidentale, infatti, che concepiscono la guerra come mezzo risolutivo delle controversie non altrimenti gestibili in tempi ragionevolmente brevi, non potranno mai essere vincenti con popoli capaci di guerreggiare all’infinito, senza porsi limiti di tempo.
Con non meno freddezza, inoltre, il generale ha parlato della forte corruzione che ha influito non poco sul corso degli eventi: quando il pesce puzza dalla testa è ben evidente che tutto il resto sarà ancora più marcio. I soldati afgani, pertanto, essendo ben consapevoli di essere governati e militarmente guidati da soggetti non affidabili, non hanno esitato a passare “armi e bagagli” al servizio dei talebani per evitare di sacrificare inutilmente le loro vite. Alla luce di una realtà che il generale ha avuto modo di toccare con mano, quindi, è partita anche “l’assoluzione” degli USA per l’abbandono del popolo afgano al proprio infausto destino, considerato che gli altri Paesi occidentali non erano proprio disponibili a farsi carico di un’azione efficace di “formazione culturale e sovvertimento dei valori” che, sempre secondo la riflessione del generale, avrebbe richiesto non meno di sessanta anni. Un tempo decisamente insostenibile per qualsiasi governo occidentale, quindi, a causa degli alti costi, soprattutto di vite umane.

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La fredda analisi del generale, ancorché non priva di validi e inconfutabili elementi di supporto, si ferma quindi alla mera operazione militare, giustificata nella forma e condannata nella sostanza.
A conclusione del convegno è intervenuto il vicepresidente provinciale dell’A.N.B., Lino Lavorgna, giornalista e analista di geopolitica per conto del mensile “Confini”, nonché europeista ante litteram e presidente dell’associazione culturale Europa Nazione. Pur comprendendo la ratio espositiva del pragmatico generale, ha replicato alle argomentazioni reiterando quanto più volte asserito nei suoi studi circa la necessità di un esercito europeo che consenta di riassegnare all’Europa quel ruolo di primaria potenza “sconquassato” dalle due guerre mondiali e, soprattutto, di perseguire con maggiore determinazione “il sogno” degli Stati Uniti d’Europa. Il ritiro del contingente internazionale può essere compreso alla luce della “ragion di Stato”, ma non dimentichiamo che in Afghanistan siamo ritornati all’età della pietra e un Occidente che resti indifferente al cospetto delle atrocità ivi perpetrate, alla pari di quelle perpetrate in altre zone del mondo, non è che faccia una bella figura.
Discorso molto complesso, comunque, qui esponibile solo per grandi linee che, in ogni caso, dovrebbero indurre chiunque a pacate riflessioni sia sul ruolo dell’Occidente al cospetto della storia sia sul proprio modo di pensare. Non perdiamo mai di vista, infatti, che, fermo restando il mancato sviluppo civile di molte aree del Pianeta, è l’egoismo occidentale la causa primaria dei mali del mondo.

A CURA DELLA REDAZIONE

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